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Si chiamava Edera

Si chiamava Edera, come una fiera pianta rampicante capace di scalare i muri della dittatura e di avvolgere tra le sue spire l’albero morente del nazifascismo.
Una presenza infestante, da sopprimere, per chi le tolse la vita. Un ramo coraggioso, che ancora si fa strada sopra
le ingiustizie, per chi ne conserva memoria ed esempio.
Faceva la mugnaia, Edera, arrampicata sul suo Appennino. Ma faceva anche la guerra. È morta a vent’anni per la libertà e la giustizia sociale. Guardando dritto negli occhi dei suoi carnefici.
Prima donna combattente caduta nella Resistenza italiana.
Compagna, sorella, bandita, partigiana

Nell’ambito del festival Bologna Futura, tenutosi dal 23 al 26 maggio 2023, abbiamo voluto tenere viva la memoria di Edera De Giovanni, per rendere omaggio alla sua straordinaria figura e farla conoscere alle generazioni a venire.

L’Archivio storico dei movimenti di Via Avesella 5/a ha redatto un opuscolo che narra la storia di Edera.
Scarica la versione digitale:

Lo scrittore e compagno Pino Cacucci, che a Edera ha dedicato una parte del suo libro “Nessuno può portarti un fiore” ci ha donato una lettura tratta proprio da questo libro.
Riascolta il reading:

L’artista Emeid, al secolo Andrea Ranieri, ha fissato su una grande parete di Corte 3 (Bolognina) l’immagine di Edera che pedala la sua bicicletta.

“sempre a pedalare sulla bicicletta, andavi in giro a cercare i giovani nascosti nei fienili e negli scantinati, e li convincevi ad andare coi partigiani.
Non basta nascondersi, dicevi, occorre liberarlo, questo disgraziato paese”

Pino Cacucci

HubAut Bologna

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